Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

martedì 19 gennaio 2016

Margaret FULLER

di  Nicoletta Barbarito

(Cambridgeport Massachusetts (USA) 1810 – Fire Island (New York) 1850), giornalista, critica letteraria, saggista, femminista: in Italia visse a Roma, Firenze e Rieti


  
A Roma, sulla facciata di una casa al n.60 di Piazza Barberini, all’angolo di Via Sistina, una lapide ricorda  il soggiorno, della scrittrice americana Margaret Fuller nel 1848.  In una lettera del 16/11/1848, Margaret informava la madre che quell’alloggio dal quale «vedo il Palazzo Barberini e quello del Papa» (cioè il palazzo del Quirinale)  la soddisfa pienamente.  Dalla finestra, il  16 novembre 1848,  fu testimone oculare dell’ attacco al palazzo del Quirinale che spinse il Papa ad abbandonare Roma e segnò l’inizio della Repubblica Romana.  

   Quell’ alloggio –  ne ebbe tre a Roma  ̶  consisteva in ununica ampia e luminosa stanza al terzo piano, riscaldata da un camino. Laffitto era ragionevole,  i padroni di casa amabili.  Allepoca Piazza Barberini costeggiava campi, via Sistina si chiamava via Felice, e Roma contava 200.000 abitanti. 
casa romana
   Chi era Margaret Fuller e perché deve essere ricordata?
   Margaret  arrivò in Italia nel 1847 dopo un periodo trascorso fra Londra e Parigi, e vi restò 38 mesi in qualità di corrispondente del New York Tribune.  Fu il più intenso e importante della sua vita.  
   Nata nel 1810 a Cambridgeport, nello stato del Massachussets, Margaret era stata educata rigorosamente dal padre avvocato poi uomo politico, “come un maschio”: a 3 anni, enfant prodige, sapeva leggere, a 6 cominciò a studiare il latino. In seguito imparò il tedesco, il francese e l’italiano. Fu l’unica donna ad essere ammessa a frequentare la biblioteca di Harvard  ̶  in America  allora non esistevano colleges”  femminili. Fu insegnante e poi animatrice, per cinque anni, a Boston, di seminari culturali di alto livello per signore (detti “Conversations”) che riscossero notevole successo.
casa paterna a Cambridge
   Frequentò gli intellettuali “trascendentalisti” che si riunivano nella cittadina di Concord, e divenne amica  e collaboratrice del fondatore di quel rinomato cenacolo, Ralph Waldo Emerson. Nel 1844 si trasferì a New York essendo stata assunta come critica letteraria al giornale New York Tribune.
   Fu paladina dei diritti delle donne e dei nativi americani, e si espresse arditamente contro la schiavitù, a favore dell’uguaglianza e del progresso. Il suo libro del 1845, Woman in the nineteenth century,  resta un classico del pensiero femminista.

   Bruna, non bella, miope, oltremodo sicura di sé,  ambiziosa, si  riconosceva come una donna speciale: «I felt I wasn’t born to the common womanly lot». Due celebri intellettuali che la conobbero, Edgar Allan Poe  e Thomas Carlyle,  ne dettero giudizi lapidari, rispettivamente “Humanity is divided into men, women and Margaret Fuller”; “colossal ego”.
   Dell’Italia l’appassionarono l’arte, la letteratura, la politica, l’amore, le amicizie, il suo lavoro di inviata, la guerra e la sconfitta dei patrioti con il crollo delle speranze. Parlava e scriveva in italiano senza difficoltà, in alcune lettere firmandosi “Margherita”. Per il suo vivo interesse ai fatti e alle persone locali Margaret si sentiva diversa dai suoi connazionali residenti in Italia. Così scrisse da Firenze nell’autunno 1847  all’amico Lewis Cass, diplomatico americano  a Roma:  «soffro più che mai di quanto è tipicamente americano  o inglese da quando conosco ed ho legami di affetto con la mentalità europea» e  «sono dispiaciuta di dire che una gran parte dei miei connazionali assume  qui lo stesso punto di vista infingardo e prevenuto degli inglesi e dopo un soggiorno di molti anni in Italia rivela l’ignoranza assoluta della letteratura e della vita italiana.»   
   Il 1848 fu l’anno dei moti rivoluzionari in Europa. Margaret appoggiò con entusiasmo la causa dei patrioti italiani, fu testimone di “these sad and glorious days” della Repubblica Roman  - 9 febbraio  -  2 luglio 1849 - e  spedì oltre oceano, in aggiunta ad una fitta corrispondenza personale,  37 lunghi dispacci nei quali fatti storici, ritratti di patrioti e analisi politica erano intramezzati da notazioni personali, e venivano pubblicati senza firma nè data.
    Margaret fu grande ammiratrice e sostenitrice di Giuseppe Mazzini che aveva conosciuto a Londra; in una lettera ai suoi lo definisce “divino”.  Mazzini ne contraccambiava la stima e le fece visita nell’alloggio di piazza Barberini.  Fu grazie a Margaret che Mazzini riuscì ad ottenere un passaporto che gli permise di uscire dallo Stato Pontificio dopo la sconfitta delle Camicie Rosse di Garibaldi e la caduta della Repubblica Romana il 2 luglio 1849.
   Margaret aveva stretto amicizia anche con le patriote liberali Costanza Visconti Arconati e Cristina Trivulzio di Belgioioso.  Quest’ultima, nominata da Mazzini direttrice dei 14 ospedali (“ambulanze”) funzionanti durante l’assedio di Roma, volle Margaret al suo fianco in veste di infermiera.
    Casualmente, durante una visita a San Pietro, Margaret conobbe il sergente della Guardia Civica Giovanni Angelo Ossoli, di 10 anni più giovane. Le foto conservate nella biblioteca di Harvard lo raffigurano aitante, con occhi neri tristi, capelli lunghi, baffi spioventi. Di famiglia nobile ma ormai squattrinata, Giovanni era l’ultimo di otto figli e l’unico di idee liberali.  Non parlava inglese, aveva avuto scarsa istruzione – lo  rivelano le sue sgrammaticate lettere a Margaret. in una lettera del 1850,  il poeta inglese Robert Browning notava: «Ossoli era una creatura quieta, gentile e melanconica, profondamente affezionato alla moglie e al bambino, con una fede semplice e commovente nella superiorità di lei.»
Il marito, Giovanni Ossoli
     Fu amore a prima vista –  che si fossero sposati è incerto in quanto non esistono documenti - e Margaret, rimasta incinta, preferì lasciare Roma e chiudersi in volontaria reclusione a Rieti.  All’epoca Rieti era una sonnolenta cittadina dell’Abruzzo e distava da Roma ben 10 ore in vettura. Margaret vi si trovò bene pur trovandosi molto isolata. Giovanni era l’unico a mandarle notizie da Roma.
la casa di Rieti
   Continuò comunque a scrivere, ma i dispacci a New York s’interruppero e così anche i compensi.   Le ristrettezze costringevano spesso Margaret a chiedere aiuto ai suoi in America, il più delle volte senza alcun risultato. 
     A Rieti Il 5/9/1848  nacque Angelo Eugenio,  soprannominato Angelino.  Non essendo in grado di allattarlo, Margaret lo affidò a una balia e fece ritorno a Roma dove visse da sola lavorando al libro History of the late revolutionary movement in Italy, che poi andò perduto. Con Giovanni e Angelino,  si trasferì infine a Firenze con l’intenzione di ritornare negli Stati Uniti appena possibile.
   Il 17/5/1850, ottenuto tramite conoscenze un passaporto americano per Giovanni, i tre s’imbarcarono a Livorno su un veliero mercantile diretto a New York con un carico di marmo di Carrara. Fin dall’inizio la traversata fu drammatica. Prima un’epidemia di vaiolo a bordo e la morte del capitano, poi una terribile tempesta: la nave s’incagliò su banchi di sabbia e andò a schiantarsi sugli scogli di Fire Island, davanti a New York.  Margaret, Giovanni e Angelino persero la vita. Solo il corpo del bambino fu ritrovato.

Sull’iscrizione del cenotafio sotto il quale sono sepolti i resti di Angelino,  nel cimitero monumentale di Mount Auburn a Cambridge, Massachussetts.   Margaret è così ricordata:
By birth a child of New England
By adoption a citizen of Rome
By genius belonging to the world.
Nicoletta Barbarito©2015 Tutti i diritti riservati

Note e Bibliografia:
Joseph J. Deiss, The Roman years of Margaret Fuller, New York 1969
Emma Detti, Margaret Fuller e i suoi corrispondenti, Firenze 1942
Megan Marshall. Margaret Fuller. A new American life,  New York 2014
Larry J.Reynolds & Susan Belasco Smith, These sad and glorious days. Dispatches from Europe 1846-1850, New Haven & London 1991
Rosella Mamoli Zorzi (a cura di), Margaret Fuller.  Un’americana a Roma, Pordenone 1986.





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