Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

venerdì 25 aprile 2014

Titina MASELLI


di Rita Frattolillo

(Roma, 11 aprile 1924 – Roma 22 febbraio 2005), pittrice

Titina nasce a Roma dalla famiglia molisana Maselli. Una famiglia nota nel paese molisano di Pescolanciano e nei dintorni per la sincera fede socialista, messa in pratica alleviando i disagi dei compaesani bisognosi con generosità e larghezza. Il nonno di Titina, medico, aveva lasciato nella popolazione un  ricordo particolarmente vivo per essere stato un grande benefattore. Ogni estate la famiglia Maselli, composta dal padre Ercole, critico d’arte, dalla moglie Elena, dal secondo figlio, Francesco (nato nel 1929, chiamato Citto), pur vivendo stabilmente a Roma, non mancava di tornare a Pescolanciano. Dall’alto del paese, aggrappato a un grande masso che sostiene la mole grigiastra del castello, l’antica torre, e le vestigia di una fortificazione sannitica, alla piccola Titina piaceva godere con il padre lo spettacolo dell’ampio  panorama verdeggiante dominato da una parte della valle del fiume Trigno e del tratturo che collega Castel di Sangro a Lucera. Padre e figlia immergevano lo sguardo tra i boschetti sparsi  e  le case seminascoste dalla folta vegetazione.

Il ritmo tranquillo delle giornate passate in quel paese dell’isernino  era completamente diverso dalla loro vita romana. La casa di via Sardegna era infatti un salotto esclusivo, frequentato da Massimo Bontempelli, Corrado Alvaro, Paolo Monelli, Alberto Savinio, dai Cecchi. Alberto Moravia e la moglie Elsa Morante sono degli habitués, come Renato Guttuso  e Renzo Vespignani. Quando  la zia Olimpia sposa uno dei figli di Luigi Pirandello, padrino di battesimo di Citto, il cenacolo si allarga ancora, includendo anche i “nuovi” cugini.


Titina cresce dunque in quest’ambiente dedicato alla cultura. Il clima raffinato respirato negli anni fondamentali della formazione giovanile contribuisce a forgiare in lei un carattere forte ed emancipato. Dotata di lucida intelligenza, la ragazza infatti , già nel corso degli studi classici, manifesta l’esigenza di voler camminare da sola,   pur di mantenere piena autonomia di pensiero. Ma c’è dell’altro, perché sente forte il bisogno di esprimere la sua visione della realtà attraverso la pittura.
 La famiglia la  incoraggia a seguire la sua strada, e ad appena vent’anni Titina vende il suo primo quadro. L’acquirente è un noto collezionista torinese, Riccardo Gualino. Nell’ambiente artistico romano, intanto, conosce un altro pittore, Toti Scialoja (scomparso nel 1998), protagonista del movimento chiamato Scuola romana, con Tano Festa, Mario Schifano e Mimmo Rotella.

 I due si sposano nel ’45, lei ha 21 anni. Il matrimonio dura poco, non funziona,  e viene  burrascosamente troncato: troppo simili e tanto diversi per durare, dirà Gino Marotta, anche lui componente del gruppo artistico.
Tre anni dopo, nel 1948, arriva l’esordio ufficiale con la prima mostra personale alla galleria L’Obelisco. E non passa inosservata perché la giovane pittrice si presenta nella sua “radicalità”, come ha osservato Arianna Di Genova. Il quadro rappresentava “un telefono, una macchina da scrivere e una cartaccia arrotolata. Era quello il suo (iper)realismo”.

I suoi quadri non hanno nulla di accattivante, ma forse attirano proprio per questo, perché comunicano il disagio e “le passioni di una generazione ancora acerba, ma già provata dalla paura e dalla disperazione”, commenterà Renzo Vespignani.

 In effetti la sfida continua di tutta la vita di Titina è di cogliere l’essenza tragica ma anche vitale della società contemporanea, e di trasmetterla, sulla tela, grazie all’invenzione di un linguaggio nuovo.

Il 1950 è per lei l’anno della prima Biennale di Venezia, a cui parteciperà  per varie edizioni fino al ’95. E’ invitata la prima volta alla Quadriennale di Roma nel 1951; ad essa seguiranno altre edizioni, fino al 2000, e, sempre nella capitale, tiene la prima Antologica, alla galleria Nuova Pesa.

Ma il suo interesse,  nel ‘52, è tutto per New York, dove sta emergendo la pop art.
 In quegli anni un viaggio in America rappresentava quello che nel Sette-Ottocento era l’Italia per gli stranieri, i quali vi giungevano per coronare e completare la propria formazione.

 Per Titina varcare l’oceano alla volta di New York, cosa che avviene nel 1952, era indispensabile per immergersi in un mondo completamente diverso da quello socio- culturale da cui proveniva. Quel soggiorno lascerà, in effetti, un tracciato indelebile nella sua arte.


Ma che cosa aveva da spartire, lei, abituata ad ambienti ovattati e raffinati dove si sussurrava appena, con i grandi camion che attraversavano le notti americane? 
Che poteva avere in comune, lei, con il mondo della boxe, del pallone, dei neri?
 Fatto sta che un bel giorno, su invito del curatore Plinio de Martiis, arriva da New York - dove in quel periodo Titina vive e lavora -  un suo enorme quadro (circa due metri per due) da esporre a Roma, in via del Babuino. Quadro che suscita prima sorpresa, e poi invidia  degli altri partecipanti. Anche per il soggetto che rappresenta, ma soprattutto per il come. Vi è, dipinto a tinte forti, un camion che viaggia nel buio della notte, e il punto di vista è di una persona al volante di un’auto che lo segue da vicino. Quella, insomma, è una visione nuova della realtà che in Italia  fa sensazione. Tuttavia il lungo soggiorno americano le fa anche comprendere che “gli americani s’interessano solo a dipingere l’oggetto in sé”, mentre lei invece intende “dipingere i conflitti” e cogliere l’“anonimato urbano”.

 Dopo i tre anni trascorsi nella Grande Mela, Titina sente il bisogno di isolarsi per concentrarsi in una ricerca sul colore, che fa ritirandosi nella provincia austriaca.
 Rientrata a Roma, che considera la sua città, vi trascorre tutti gli anni ’60; nella sua piccola casa di Trastevere, all’Arco di San Callisto, si incontra con gli amici.
La sua pittura, prima segnata dal dinamismo futurista, si caratterizza in seguito per la figurazione a colori forti di frammenti di oggetti quotidiani fissati in fotogrammi.


Dal ’60 le sue rappresentazioni, sempre più fredde e piatte, sono costruite su piani bidimensionali e a colori antinaturalistici, con effetti vicini alla pop art, ma la sua ricerca incessante che la coinvolge  interamente  contribuisce non poco a farla considerare dai critici anticipatrice dei vari movimenti artistici, anche se lei se ne proclama distante. Intanto,  il suo sguardo si volge sempre più verso la Francia, paese che la madre aveva contribuito non poco a farle amare.
Nella ville lumière dal ’70, abita in uno di quegli alveari dalle minuscole case-studio. Lì vive, dipinge, cucina e riceve gli amici, tra oggetti della vita quotidiana, tele arrotolate, quadri incompiuti.

Bella ed elegante, i grandi occhi interrogativi, il caschetto di capelli neri come l’ebano, il profilo acuto, il volto intento e mobile – scrive Rossana Rossanda - Titina seduce i francesi”.

Per contrasto con le piccole dimensioni del suo rifugio parigino, lo spazio irrompe prepotente come elemento portante della sua poetica nelle tele che diventano grandissime. E il suo modo di dipingere è “forte”, come una “scheggia del dolore della ragione “ dice Rossana Rossanda.

 Il regista Bernard Sobel, incontrato nel  ’79, è presto sedotto dalla sua personalità forte e passionale.
Titina Maselli vista dal pittore Sergio Vacchi

Titina è circondata dall’aura di donna libera ed emancipata; si diceva, tra l’altro, che da ragazza era stata staffetta  nella Resistenza romana, e che non aveva mai interrotto l’impegno politico, pur senza aderire al partito comunista, a differenza del fratello, diventato nel frattempo regista, che era attivo membro del PCI.
Il 1980 segna una data particolarmente importante nella nuova attività di Titina come scenografa.  Firma infatti per Sobel due pièces di Beckett al festival di Avignone e prepara a Berlino (1981) una memorabile messa in scena della pièce pirandelliana Sei personaggi in cerca d’autore  per Klaus-Michael Gruber. Sempre nell’81 tiene una Personale a Parigi, e dopo quella data  monterà per Sobel ben diciotto spettacoli teatrali e d’opera.
Biglietto lotteria con quadro della Maselli


I registi  Gilles Aillaud e Carlo Cecchi apprezzano particolarmente la nuova concezione del “décor” di Titina, che per lei è una combinazione di segni da far decifrare  al pubblico. Inoltre lei sfrutta tutto il volume del teatro, gioca con la profondità e mette i macchinari a vista. “Le sue potenti scenografie, più che illustrare la messa in scena, sono parte attiva del lavoro drammaturgico” ha scritto Michèle Raoul-Davis, collaboratrice di Sobel, ed è anche grazie alle invenzioni di Titina per Finale di partita che Cecchi vince nel 1995 il premio “Ubu”.
 Due anni dopo, la pittrice è presente con sue mostre a Todi, Roma, Mantova, e, nel ‘98, a Strasburgo.
Titina Maselli ricevuta al Quirinale da Carlo Azeglio Ciampi

E’ molto amata dai francesi, che la considerano una “Anna Magnani del teatro”, e in Italia, dove il sindaco Walter Veltroni con la sua amica Netta Vespignani organizza una grande festa per festeggiare i suoi ottant’anni. Intanto, corre sempre più insistente la voce della sua malattia, e tra le sue ultime  apparizioni  pubbliche si ricorda la cerimonia ufficiale durante la quale il presidente della Repubblica C.A.Ciampi le ha conferito il prestigioso Premio dell’Accademia di San Luca. La sua morte, avvenuta il 22 febbraio a Roma, ha suscitato commozione e cordoglio nel mondo politico, artistico e culturale italiano e francese. La sua figura è ricordata a Roma dal presidente della Repubblica, e nel Molise, in concomitanza con la tumulazione della grande artista nella cappella di famiglia  a Pescolanciano.

Rita Frattolillo © 2014 Tutti i diritti riservati

Fonti

AA.VV Fuoriluogo 10-Il corpo elettrico, catalogo della mostra, a cura di Lorenzo CANOVA, Ass.Cult. Limiti Inchiusi, Campobasso, sett. 2005.
Enciclopedia on line Treccani.it, voce “Maselli Titina”.
Titina Maselli intervistata da Achille Bonito Oliva
Hubert DANISCH, Titina Maselli. Travaux pour la scène, Edizioni De Luca
Gino MAROTTA, In vita di Titina Maselli, “ Il Bene Comune”, a.V, n.3, marzo 2005
Rossana ROSSANDA, “Il Manifesto” del 23 febbraio 2005.
Brigitte SALINO, Titina Maselli, peintre et scénographe, su “Le Monde” del 23.02.05.
René SOLIS, Disparition de Titina Maselli, su “Libération” del 28.02.05.
Giuseppe TABASSO, Molisana per caso?, in “@ltromolise magazine, a III, n°3, marzo/aprile2005.
Rai News24, Arte. E’ morta la pittrice italiana Titina Maselli, 22 febbraio 2005
Titina MASELLI, Metafore della città, a c. di Archivio della Scuola Romana, Skira editore, 2006.

Il Sipario. Galleria d’arte contemporanea

Il mio sentito ringraziamento al dott. Domenico Pellegrino, amico della famiglia Maselli, per le notizie e le indicazioni fornite con grande disponibilità e cortesia.

2 commenti:

  1. Quel plaisir et quelle chance de pouvoir lire cette biographie ! Merci

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    1. Cher ami inconnu, moi aussi je te remercie pour ta sincère appreciation, e je t'avoue que c'est pour moi une joie profonde et incontenable pouvoir pénétrer dans les existences de ces femmes extra; merci encore à toi, Rita

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